
Confermata condanna per violenza privata.
La Cassazione ha ribadito il principio per cui, in assenza di un provvedimento del Tribunale, nessuno dei coniugi può impedire all’altro di utilizzare la casa familiare a prescindere da chi ne sia proprietario, affittuario o comodatario, condannando il marito che aveva impedito alla moglie di rientrare nella casa familiare, dopo essersi allontanata.
Lo ha stabilito la Quinta sezione penale della Cassazione, mettendo bene in chiaro un principio: cacciare di casa il coniuge è reato.
Cacciare via di casa il proprio coniuge è reato: ecco quanto stabilito dalla Cassazione
La Cassazione ha confermato la condanna inflitta dalla Corte d’appello di Palermo a un marito, ritenuto responsabile di violenza privata, lesioni personali, danneggiamento e ingiuria ai danni della moglie. Il reato di violenza privata gli è stato contestato proprio per aver impedito alla moglie di rientrare nella casa familiare.
La linea difensiva del marito evidenziava una situazione di fatto:
la moglie non era stata cacciata, ma era tornata a vivere dai suoi genitori, per cui la casa familiare era “in uso” soltanto al marito, pur non essendovi “provvedimenti di assegnazione” dell’abitazione stabiliti dal giudice.
La Cassazione ha rigettato il ricorso del marito sottolineando che “la moglie, anche se temporaneamente trasferitasi presso i genitori, aveva il diritto di rientrare nella casa familiare e il marito non poteva ostacolarla”.