Che cos’è il Matrimonio Concordatario?
Nel diritto civile italiano, il matrimonio concordatario è il matrimonio canonico trascritto al quale lo Stato Italiano riconosce, a certe condizioni, effetti civili.
Attualmente è regolato dall’art. 8 della legge 25 marzo 1985, n. 121[1] e dall’art. 4 del Protocollo addizionale che costituisce parte integrante dell’accordo.
Come per il matrimonio civile, occorre che la celebrazione sia preceduta dalle pubblicazioni da effettuarsi, oltre che presso la parrocchia degli sposi, anche presso la casa comunale secondo le norme del codice civile e dell’ordinamento di stato civile.
Trascorsi tre giorni dal compimento del termine per le pubblicazioni, l’ufficiale di stato civile, ove non gli sia stata notificata alcuna opposizione e nulla gli consti ostare al matrimonio, rilascia un certificato, in cui dichiara che non risulta l’esistenza di cause che si oppongano alla celebrazione di un matrimonio valido agli effetti civili.
La celebrazione è regolata quasi esclusivamente dalle norme del diritto canonico. La legge civile prevede alcuni adempimenti per il prodursi degli effetti civili, ma essi vengono compiuti soltanto dopo la celebrazione. Questi adempimenti consistono nella lettura agli sposi, da parte del ministro del culto, degli artt. 143, 144 e 147 (riguardanti i diritti e doveri dei coniugi) e nella redazione da parte del parroco dell’atto di matrimonio in duplice originale, il secondo dei quali destinato ad essere trasmesso all’Uuficiale di stato civile.
Nell’atto possono essere inserite le dichiarazioni dei coniugi consentite secondo la legge civile (scelta del regime patrimoniale di separazione dei beni ed il riconoscimento di un figlio naturale).
L’atto di matrimonio, formato dal celebrante e sottoscritto dagli sposi e dai testimoni, deve essere trasmesso entro cinque giorni all’ufficiale di stato civile per la trascrizione nei registri di stato civile, trascrizione che ha efficacia costitutiva del vincolo nell’ordinamento italiano. L’ufficiale di stato civile effettua la trascrizione entro ventiquattro ore dal ricevimento dell’atto e ne dà notizia al parroco.
La trascrizione opera retroattivamente: gli effetti civili del matrimonio si producono quindi dal giorno della sua celebrazione. In presenza di impedimenti inderogabili secondo la legge civile, la trascrizione non può avere luogo. Se il termine di cinque giorni non viene rispettato, si ha trascrizione tardiva che però è ammessa solo su richiesta concorde dei coniugi o su richiesta di uno solo di essi, ma con la conoscenza e senza l’opposizione dell’altro. Non è ammessa la trascrizione post mortem.
Per la legge italiana la trascrizione nei registri dello stato civile del matrimonio canonico (valido solo per la Chiesa), con la sua trasformazione quindi in matrimonio concordatario (valido anche per lo Stato), non è affatto obbligatoria, mentre è fortemente consigliata dalla Chiesa al punto tale che per contrarre un matrimonio solo canonico necessita l’autorizzazione del Vescovo competente.
Una caratteristica fondamentale che distingue il matrimonio concordatario da quello civile è la possibilità del riconoscimento da parte dello Stato italiano delle sentenze di nullità matrimoniale pronunciate dalla giustizia ecclesiastica, di cui la Rota Romana (ex Sacra Rota) rappresenta l’ultimo grado di giudizio.
In base all’art. 8 del nuovo Concordato del 1984 di regola queste sentenze, salvo casi particolari, devono essere riconosciute dallo Stato (tramite la Corte d’appello competente attraverso un giudizio cd. di delibazione) con la conseguenza che, in caso di delibazione avvenuta, non si applica, se non in minima parte, la legislazione italiana sul mantenimento del coniuge economicamente debole, sulla base della considerazione naturale che il matrimonio annullato giuridicamente è come mai celebrato (non si tratta perciò di divorzio). Resta fermo l’obbligo del mantenimento dei figli, che non grava sui coniugi ma sui genitori.
L’annullamento (tecnicamente “dichiarazione di nullità”) del matrimonio, secondo il diritto canonico non è libero (come il divorzio civile) ma è concesso solo se il vincolo matrimoniale presentava determinati vizi del consenso già al momento della celebrazione e non invece per problemi sorti tra i coniugi nel corso della vita matrimoniale. Tra questi vizi del consenso, che è sufficiente siano presenti anche in un solo coniuge, ve ne sono alcuni molto simili a quelli previsti dal diritto civile per tutti i contratti (violenza, dolo, errore, incapacità psichica), ma ve ne sono altri di natura esclusivamente spirituale (mancata accettazione della durata del vincolo per tutta la vita, volontà di non volere dei figli, non accettazione della fedeltà) che per la Chiesa rivestono la massima importanza per dare senso o meno al proprio matrimonio, ma quasi del tutto assenti nel matrimonio civile, che prevede condizioni di accesso al matrimonio molto meno stringenti.
Per proporre istanza (libello) di annullamento del matrimonio canonico, diversamente dal divorzio, non è necessaria la preventiva separazione civile. Abilitati alla difesa presso i tribunali ecclesiastici sono solo gli avvocati ecclesiastici, abilitati dalla Santa Sede e non i comuni avvocati civili.